I GRANDIOSI ACQUEDOTTI ROMANI

acquedotto 01Una vasta e articolata documentazione archeologica ci testimonia l'importanza che il territorio di San Gregorio da Sassola ebbe nel tempo della Roma repubblicana prima e imperiale dopo.

E' una documentazione fatta di resti di ville disseminate un po' ovunque, di lapidi, di ruderi, spesso di controversa decifrazione, di cumuli, di selciati, di sepolcri, monete, urne e reperti che ancora oggi, di tanto in tanto, vengono alla luce in occasione di lavori di scasso o di sbancamento del terreno.

Ma i monumenti archeologici più importanti per imponenza e grandiosità sono senza dubbio i resti degli acquedotti imperiali. Questi, che attraversavano il territorio di San Gregorio da Sassola in Colle Faustiniano, servivano per portare l'acqua a Roma ed erano quattro: l'Aniene Vecchia (272-269 a.C.); l'Acqua Marcia (144-130 a.C.) l'Acqua Claudia (38-52 d.C.) e l'Aniene Nuova (38-52 d.C.). Essi non sono noti al grande pubblico, ed ancora oggi si può dire ciò che diceva Lotario Conti, Barone di San Gregorio, già nel 1632: " Io non trovo menzione nessuna di questi acquedotti in nessun autore ne antico né moderno che li riponga tra quelli che andavano a Roma e pure sono di fabbrica tale, che non meritavano di essere trascurati, e forse non v'è né alcuno che li superi in magnificenza".

E ancora tra gli storici, il Nibby: "Quindi fu all'uopo costruire nelle valli ponti magnifici o stupende arcuazioni, delle quali rimangono ancora avanzi, che tanto più sorprendono, quanto meno sono noti".

Meraviglia sicuramente condivisibile se si pensa alla monumentalità e grandiosità dei ponti, ma non dovrebbe sorprendere la scarsa notorietà di essi se si considera la loro ubicazione.

Essi infatti si trovano in luoghi isolati, difficilmente raggiungibili ed è assente qualsiasi segnaletica che li indichi...

Tre sono i ponti che in particolare colpiscono l'attenzione: Ponte delle Mole, Ponte di San Pietro e Ponte Sant'Antonio.

"Ponte delle Mole o degli Arci"

E' un ponte dell'acquedotto dell'Aniene Antica. Fu costruito dagli ingegneri di Adriano per superare il Fossato delle Mole, in un punto ben scelto, proprio prima che la Valle si allarghi in modo da escludere un'ansa di circa due chilometri. E' costruita interamente in opera cementizia, rivestita originariamente in opus reticulatum, rinforzato con blocchi di tufo nei piloni e con opera laterizia nello specus. Presenta doppie arcate, la sua lunghezza è di 155,50 metri e l'altezza è di 24,50 metri.

I suoi 24 archi hanno luci in media di 4 metri. Il diciannovesimo e il ventesimo arco sono crollati nel 1965. Il decimo e l'undicesimo arco superiore, insieme agli altri che vanno dal dodicesimo al diciottesimo (tutti in fila) sono originali . Sulle altre parti si notano vari restauri di epoche diverse.

La pendenza graduale è del 7,66 per mille, quella ripida è del 163,5 per mille. Quest'ultima è la pendenza più ripida mai trovata negli antichi acquedotti. E' motivata dal fatto che dopo la caduta, con una svolta quasi ad angolo retto, si entra in una lunga galleria.

"Ponte San Pietro"

Su di esso scorreva l'Acqua Marcia (144-130 a.C.) e fu costruito per superare il fosso di San Vittorino. L'acquedotto trae il nome da A. Marcio Re, pretore nel 144 a.C., la cui famiglia vantava di discendere da Anco Marzio quarto Re di Roma.

Il ponte in origine era costruito in blocchi di pietra locale, porosa e calcarea, con grande arco centrale, di luce non inferiore a 15 metri. I pilastri, larghi 3,84 metri alla base, si riducevano man mano a 2,77 metri e l'effetto doveva essere molto bello. C'era presumibilmente un arco più piccolo sulla sponda a nord-ovest e tre su quella a sud-est. La struttura, interamente ricoperta di cementizio tardo, subì lavori di rinforzo sotto Tito o Adriano e successivamente, forse sotto Diocleziano, fu ricostruita tutta l'estremità sud-est.

"Ponte di Sant'Antonio"

E' uno dei più bei ponti degli acquedotti romani. Fu costruito per far superare all'Aniene Nuova (38-52 d.C.) il fosso dell'Acquaramenga.

In origine constava di un arco centrale alto 30 metri, sostenuto alle estremità da poderose opere di contenimento e legato a due serie di arcuazioni per una lunghezza di 120 metri. La struttura originaria era al tempo di Claudio in blocchi di tufo e rinfianchi in opus reticulatum. Successivamente, nel corso del IV e V secolo d.C., al tempo in cui sono consoli gli Anici Probi, vennero compiuti lavori di consolidamento con massicce opere cementizie e rivestimenti in laterizio, per mezzo di sottoarchi disposti in ordine sovrapposti. Tali interventi coprirono il manufatto originale e ridussero la luce delle arcuazioni.

Questo ponte, che trae il nome da una immagine di Sant'Antonio collocatavi forse nel secolo XVII, versa in uno stato di completo abbandono.

Esso è stato usato, e rimane ancora oggi, come passaggio pedonale da una riva all'altra del fosso.


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