CONVENTO DI SANTA MARIA NUOVA

IL CONVENTO

A circa tre chilometri da San Gregorio da Sassola, su un'altura, sorge il complesso monastico di Santa Maria Nuova. Luogo di silenzio e di preghiera, esso, per la sua particolare posizione, costituisce un eccezionale punto di osservazione. Da lì si possono cogliere splendidi panorami su tutto il territorio circostante e sull'intera pianura romana.

Nel terreno, dove oggi vediamo l'attuale edificio, esisteva, già alla fine del secolo XV, una primitiva chiesetta di Santa Maria Nuova. Questa era ubicata nel luogo dell'attuale cantina del Convento e fu abbandonata nel 1571 quando venne costruita una seconda chiesetta nell'area del presbiterio di quella attuale che è la terza ed ultima.

Ad abitarvi e svolgere attività religiosa furono inizialmente i Francescani Conventuali sostituiti, nel 1633, da una comunità di Riformati dello stesso Ordine. Questi, nel 1659, quando il Papa soppresse la loro Congregazione, abbandonarono il luogo e da questo momento il Comune provvedeva a nominare un cappellano, in attesa che vi tornassero i frati.

Nel 1671 P. Vincenzo Pileri, nativo di San Gregorio, chiese ed ottenne che gli Agostiniani Scalzi, a cui egli apparteneva, prendessero possesso della chiesa e del convento.

Nell'aprile dell'anno seguente fu spianata al suolo la vecchia costruzione ed eretto il complesso attuale a spese del Cardinale Carlo Pio di Savoia.

Nell'anno Santo 1675, come si legge nell'iscrizione sulla parete interna della Chiesa, e dall'altra sul frontale esterno della stessa, avvenne l'inaugurazione. La fretta con cui vennero eseguiti i lavori determinò la necessità, già nel 1688, di fortificare le fondamenta, ad opera del fratello converso Fra' Abbondio Bianchi.

Nel 1870, con la presa di Roma, la Comunità di Santa Maria Nuova fu dispersa e i beni conventuali incamerati dallo Stato. Nel 1883, tuttavia, i religiosi rientrarono in possesso del complesso conventuale. Dopo il 1945 fu allargato il piazzale attiguo alla chiesa, fu costruito il viale di accesso e il convento venne provvisto di nuovi ambienti e in parte rifatto.

Il crollo della volta della chiesa, nel 1952, e di due ali interne conventuali nel 1959 costrinse i frati ad intervenire, negli anni successivi, in consistenti lavori di restauro e di rifacimento che ancora continuano.

LA CHIESA

La Chiesa, così come oggi la vediamo, presenta una facciata scandita da quattro lesene che la dividono in tre zone: una centrale con il portale bianco architravato, sormontato da una finestra rettangolare e da due laterali, con quattro nicchie sovrapposte due a due, decorate in alto da una conchiglia. Il timpano triangolare, con al centro un'apertura circolare, poggia su una base rettangolare.
L'iscrizione che si legge su di essa ci dice che la chiesa fu costruita a spese del cardinale Carlo Pio di Savoia ed inaugurata nel 1675. L'interno è costituito da un ambiente unico. Presenta tre altari, due sulle pareti e uno nella zona presbiteriale, ed è decorato da stucchi, dipinti e statue che hanno subito restauri nel 1978 a cura della Soprintendenza ai Beni Artistici di Roma e del Lazio.

La volta a botte, crollata nel 1952 e ricostruita negli anni successivi, fu dipinta nel 1978 dai fratelli Marinucci di Tivoli. Il dipinto al centro di essa raffigura "L'Immacolata Concezione" ed è opera dell'artista Filippo Luzi di Montecompatri (1665-1720). Il quadro venne commissionato da padre Ilarione Luzi al fratello Filippo tra il 1695 e il 1703, periodo in cui egli fu priore del Convento di Santa Maria Nuova.

La grandiosa e monumentale ancona dell'altare maggiore, composta da quattro colonne in stucco dipinto a finto marmo giallo venato, con capitelli corinzi, sempre in stucco bianco dorato, fu probabilmente realizzata tra la fine del secolo XVII e gli inizi del secolo XVIII. Allo stesso periodo sono riconducibili le quattro sculture, due in stucco bianco (S.Anna e S.Gioacchino) e due con anima di legno ricoperto in stucco (S.Agostino e S.Monica) poste in altrettante nicchie nel presbiterio, nella parete dietro l'altare maggiore. Le analogie tipologiche e formali delle figure in stucco che decorano l'ancona, di particolare finezza esecutiva, e le sculture, fanno supporre che esse siano opere di uno stesso ignoto artista della scuola di Camillo Rusconi.

La scultura in legno di ulivo intagliato, raffigurante "L'Immacolata Concezione" e posta nella nicchia dell'altare maggiore è opera attribuita a un religioso francescano. La sua realizzazione è collocata tra il 1633 e il 1641.

La corona d'argento che ne orna il capo venne donata il 24 maggio 1832 da Ludovico Roseo, sangregoriano, notaio dello Stato pontificio.

Le due tele, poste negli intradossi dell'ancona dell'altare maggiore, raffiguranti San Nicola di Bari e San Filippo, sono di autore ignoto e databili tra la fine del secolo XVII e gli inizi del secolo successivo.

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